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Voltaire tragico : da Œdipe (1718) a Irène (1778) l'ossessione della tragedia non ha mai abbandonato celui che era destinato a rimanere essenzialmente, in seguito, l'autore di Candide, del Dictionnaire philosophique, dell'Essai sur les mœurs. Se dai contemporanei Voltaire ha potuto essere considerato il piu grande uomo di teatro del secolo, dai Romantici in poi la sua opera drammatica è stata sempre più accantonata, o interpretata soprattutto in funzione subordinata ai contenuti philosophiques che i suoi testi teatrali veicolano. Spostando l'accento da tale prospettiva a valori specificamente letterari, questo studio ricollega la tragedia voltairiana al codice della tradizione teatrale classica a cui essa, prioritariamente, appartiene. E cio attraverso il privilegiamento di due figure topiche della retorica tragica - quella dell'innocente perseguitato e quella dell'agnizione o riconoscimento - che, sui piani tematico o drammaturgico, si rivelano per Voltaire costanti irrinunciabili. Peraltro, un simile approccio non esclude, anzi implica, la considerazione contestuale degli elementi esplicitamente ideologici e militanti delle opere prese in esame : sia all'interno delle tragedie stesse ; sia con riferimento al rapporto che lega tra loro, in profondità, la forma tragedia e la forma racconto. Ne consegue un' ipotesi globale di lettura del tragico voltairiano sullo sfondo delle istanze coeve di rinnovamento del teatro: quale indugio, da parte dello scrittore, in una visione regressivamente schematica della realtà che è contraddetta, complementarmente, dall'immagine aperta e disordinata dell'universo dei Contes.