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Con la Gerusalemme liberata Torquato Tasso reinventa la narrazione eroico-cavalleresca inserendovi un continuo conflitto tra opposti, calcolate disarmonie tra esteriorità e psicologia, tra civiltà e ragione: ciò che chiamava una « discorde concordia ». Pur mostrandosi come un'opera di stampo controriformistico, il poema è non meno aperto ad ospitare - e valorizzare - il punto di vista dei vinti. Sia nel modo in cui viene gestito il rapporto fra codice cavalleresco e codice epico, sia nella rappresentazione delle vicende amorose, un termine fondamentale della Gerusalemme liberata (e più in generale dell'arte tassiana), sembra essere proprio ambivalenza, o irresoluzione: un'"opera aperta" insomma, come si vede anche in altri grandi luoghi della poesia tassiana, quali l'Aminta. Con i suoi tormenti e le sue oscillazioni, già lontani dall'immaginario ariostesco, Tasso disegna così la fine del classicismo cinquecentesco, inserendovi un'inclinazione al dubbio e uno spessore conoscitivo ormai drammaticamente moderni.