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« Troppo prosaico e moderno »: con queste parole, sul finire del Settecento, il poeta Novalis liquidava il Wilhelm Meister di Goethe criticandone l'eccessiva attenzione agli aspetti della vita materiale. Alungo trascurato anche a causa di questo verdetto, in Italia il Meisterviene tradotto integralmente oltre un secolo più tardi, negli anni incui, scriverà Debenedetti, i letterati italiani iniziano finalmente a riconoscere anche al bistrattato genere del romanzo quei crismi che fanno « la seria, la colta, la responsabile letteratura ». È un radicale cambio di paradigma di cui si fanno interpreti scrittori, come Giuseppe Antonio Borgese o Corrado Alvaro, ma anche editori e soprattuttotraduttori, da Alberto Spaini a Barbara Allason e Alessandra Scalero. Questo studio indaga il nesso fra circolazione delle traduzioni, teoriedel romanzo e sviluppi italiani dell'"epica in prosa", attraverso ilcaso degli autori tedeschi - accanto a Goethe anche Döblin, Kafka, Fallada, Keun - che nei primi decenni del Novecento incarnano per ilettori italiani una nuova e « più prosaica » idea di modernità.