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In Se questo è un uomo e in altre opere Primo Levi ha interpretato la sua esperienza ad Auschwitz come nessun altro, né prima né poi, spinto dalla necessità di dare la propria testimonianza e di capire come i lager siano stati possibili: una lucida disamina degli innumerevoli modi con cui l'apparato tedesco procedeva alla progressiva disumanizzazione dei deportati. La memoria di quanto drammaticamente vissuto ha poi continuato ad alimentare la sua scrittura, che non ha mai smesso di riportare alla luce fatti, storie e persone legate a quell'esperienza. Le qualità di narratore di Levi tuttavia non rimangono affatto circoscritte ad una letteratura di testimonianza: con i racconti di ambientazione fantascientifica, quelli legati al proprio mestiere di chimico, le incursioni nel mondo del lavoro e della storia, ha sempre saputo mettere in relazione una spiccata propensione alla razionalità e alla ricerca scientifica con la propria maturazione umana e intellettuale, per cercare di comprendere le ragioni di sé e della civiltà.