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A che punto è la poesia? È ormai destinata a inabissarsi nella banalità del linguaggio contemporaneo, a farsi sfogo inconsistente di un privato narcisistico, o ha ancora qualche possibilità di essere un punto di vista privilegiato sul mondo, di saper esprimere l'urgenza di un orizzonte di senso? Riflettono su questi interrogativi, nei saggi qui raccolti, poeti e poetesse di generazioni differenti e sensibilità peculiari, componendo una lettura inedita, critica e militante insieme, del fenomeno poetico, della sua origine e delle sue finalità, nel panorama italiano dei nostri tempi. La « cenerentola delle librerie » (la definizione, lapidaria e calzante, è coniata qui da Magrelli) sembra aver davvero perso la sua esplosiva capacità di esprimere le emozioni intime, le paure, i desideri dell'umano. Sembra aver abdicato al suo ruolo di strumento di comprensione del mondo, lasciando inaridire il rapporto « tra la parola e la cosa » (nelle parole di Luzi, cui rimanda il titolo di questo libro), ripiegandosi su ammiccamenti e ricami stilistici o cedendo all'imbarbarimento della lingua, alla compiacenza di un (esiguo) mercato. Le voci qui raccolte non lesinano certo in severità di analisi e di giudizio, eppure non parlano soltanto di un'ingloriosa uscita di scena della divina arte. Nella diversità degli sguardi e della cifra espressiva, emerge un comune, profondo amore per la parola poetica, dirompente e gratuita, intima e civile, nuova e primordiale, squarcio sul senso ultimo della vita. Una parola che si fa chiave di lettura alla portata dell'umano, possibilità di resistenza sempre alla ricerca di salvezza per sé e per il mondo intero.