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Brutta: così l'amica Simone de Beauvoir disse di Violette Leduc, stimando profondamente la sua scrittura, proprio come Cocteau, Genet, Sartre, Camus, Sarraute e molti altri. Grande scrittrice poco conosciuta, se si esclude il successo della Bastarda, Violette non ha mai agito in modo dasuscitare ammirazione, anzi, non si è mai risparmiata nel mostrare i propri lati sgradevoli, nutrendo con dedizione assoluta la propria scrittura e la propria capacità di vivere e vedere. Egocentrica, isolata. Eccola, fra queste pagine, a Faucon, dove i turisti mancano ma le vigne abbondano: cammina tra i filari con indosso un paio di pantaloncini e un cappellone di paglia, col cestino del pranzo, il repellente contro le zanzare e la sedia pieghevole. La più brutta del reame diventa bella col quaderno sulle ginocchia. Il vento cala, e lei sembra proprio una collegiale che scrive en plein air, baciata dal sole. In appendice racconti inediti in Italia, pagine straordinarie di quella Violette Leduc che accettò consapevolmente il mestiere della propria follia.